mercoledì 5 ottobre 2011

COSA VEDONO MATTEO E RONJA NEL PARCO NAZIONALE DELLO STELVIO-LA CHIESETTA DI PEGAIA


Dopo la val di Rabbi, Matteo e Ronja visitano la valle di Peio. Tra i vari itinerari che scoprono, verso la fine del viaggio nella “Valletta” (così viene chiamata dai locali) vedono la misteriosa chiesetta di Pegaia. 


Vi propongo un articolo scritto da me sulla chiesetta, eccolo qui:


COGOLO- È l’unica testimonianza rimasta di un antico borgo chiamato Pegaia scomparso da secoli per ragioni che tuttora rimangono ignote. La piccola chiesa dedicata a san Bartolomeo in località Pegaia a Cogolo conserva intatti i segreti di questo luogo e fu considerata un piccolo baluardo alla speranza da coloro che vissero nei tempi addietro. Il primo mistero della chiesetta è la sua origine, comunque anteriore alla distruzione del villaggio, del quale non si sa più nulla dal 1.300 circa; con il centro abitato infatti furono sepolti per sempre anche i documenti relativi alla chiesa, all’ordinamento del paese e tutto ciò che avrebbe potuto consentire di comporre un quadro più completo su Pegaia. Qualcuno fa risalire la chiesa al 1.200, opera realizzata da minatori medievali ed infatti nella zona esistevano delle miniere, per altri si trattava di una cappella di un ospizio per i viandanti che transitavano verso il Montozzo, la Sforzellina, la Forcola e il Cercen verso Rabbi. L’unico dato certo è la data di consacrazione, avvenuta il 22 agosto del 1512 da parte del vescovo Michele Jorba, suffraganeo di Trento. Altra certezza è che la chiesa fu l’unico edificio a salvarsi da una terribile tragedia che cancellò Pegaia e la sua gente dalla faccia della Terra: una circostanza resa possibile dalla sua ubicazione. Sembra infatti che il paese si trovasse di là del Noce mentre invece la chiesa era sul lato opposto e per questo venne risparmiata. Da quella strada, come spiega il parroco don Piergiorgio Malacarne, si poteva giungere fino a Peio, un passaggio scandito anche dagli affreschi raffiguranti San Cristoforo sulla chiesa dei santi Filippo e Giacomo a Cogolo, di Pegaia e di San Giorgio a Peio paese. San Cristoforo era infatti una presenza confortante per la gente di un tempo che credeva che sarebbe stata protetta per tutto il giorno se cominciava un viaggio o un’attività passando sotto il suo sguardo benevolo. Un altro mistero riguarda la fine degli abitanti del luogo: dal XIV secolo circa scompare ogni traccia del paese e non vi sono documenti che attestino una presenza nei secoli successivi. Si pensa che un incendio, una frana o un’alluvione possa aver distrutto l’insediamento, ma alcuni di quegli abitanti non sono svaniti del tutto: sono i “morti di Pegaia”, una ventina di corpi racchiusi dal muro di cinta della chiesa, sepolti proprio sotto i piedi di chi la visita, dove un crocifisso ed un’iscrizione li ricordano. Riposano lì da secoli, nella terra di un paese andato perduto. Unica testimone di quanto accadde alla popolazione è proprio la piccola, muta chiesetta. Proprio perché sopravvissuta al disastro, in seguito la chiesa fu probabilmente considerata un luogo da cui trarre speranza per il futuro, in particolare da coloro che vissero la peste del 1630. Tra i graffiti della chiesa uno recita infatti “Eremo circondati da la peste santo Roco ne guardi”, con riferimento al santo patrono degli appestati. La gente, come sostiene anche il parroco, con ogni probabilità si recava alla chiesetta di Pegaia pregando di essere risparmiata dal contagio. Oggi la chiesa è utilizzata per celebrare l’inizio dell’anno scolastico e l’idea di don Malacarne era di farne una cappella con un piccolo porticato a servizio del vicino e nuovo cimitero di Cogolo, oltre ad elettrificare la campanella, ipotesi che per il momento rimangono tali. Interessata nel corso dei secoli da rifacimenti, ampliamenti ed interventi per proteggerla dalle piene del Noce, la chiesetta di Pegaia forse custodirà per sempre i suoi segreti.


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